Molti dubbi attorno al caso della scomparsa dell’imprenditore di Marcheno Mario Bozzoli, di cui si persero le tracce l’8 ottobre 2015 e che si presume possa esser stato gettato in un forno della sua impresa, restano in piedi, ma ora l’esito dell’esperimento giudiziale disposto della Corte d’Assise di Brescia – che prevedeva di bruciare in un forno della fonderia Gonzini di Provaglio d’Iseo un maiale ormai privo di vita – offre qualche elemento indiscutibile.
Da quanto emerso e diffuso dai media locali, la carcassa del maiale, che le associazioni animaliste scese in campo in sua difesa avevano denominato Cuore, è stata trasportata sul posto dagli operatori dell’Istituto Zooprofilattico e attorno alle 15 è stata posizionata all’interno del forno in un bagno di metallo fuso per dare avvio all’esperimento giudiziale, al quale hanno assistito i membri della Corte d’Assise, i pubblici ministeri, i legali delle parti e i consulenti e il perito nominato dai giudici. Presente anche Giacomo Bozzoli, nipote dell’imprenditore scomparso e oggi unico imputato nel caso.
L’azione non ha provocato nessuna esplosione, ma le elevatissime temperature (oltre 800 gradi) hanno causato una fiammata prima e un fumo biancastro dopo oltre ad un inevitabile odore di bruciato. I resti dell’animale, che secondo quanto appreso è stato carbonizzato nel forno, si sono quindi dissolti nel fluido.
Fuori dall’edificio in cui si è svolto l’esperimento hanno continuato a manifestare alcuni animalisti, che nei giorni scorsi avevano risposto con decisione alle precisazioni del tribunale di Brescia che aveva assicurato che si sarebbe utilizzato un animale già morto per l’esperimento giudiziale.
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