🔻 Brescia è la città delle donne belle… qui l’amore è delizioso | 🔺DAL GRUPPO G9

A quest’uomo, né Brescia né i paesi citati hanno dedicato nemmeno “un vicolo oscuro”, scrive Dino Alberti, autore di Brescia nell’opera di Stendhal...

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Stendhal, foto da Wikipedia

di MARIO BALDOLI* Quando nel 1800 il soldato Henri Beyle (cambiò il nome in Stendhal nel 1817 quando scrisse Roma, Napoli, Firenze) arrivò con l’esercito napoleonico in cima al Gran San Bernardo da dove vide stendersi la grande pianura italiana, ne fu immediatamente conquistato. Aveva17 anni. Da quel momento egli “diventò italiano” e lo scrisse alla sorella Pauline che era l’unica persona, oltre al nonno Henri Gagnon, medico e volterriano con cui poteva confidarsi. Questi gli aveva fatto leggere alcuni classici e lo lasciava attingere a più fatui libri moderni, vietatissimi dai due bigotti monarchici con cui viveva: il padre, arido speculatore, e l’isterica zia. La madre, allegra, colta, che gli leggeva Dante in italiano, era morta quando lui aveva sette anni, e la ricorderà sempre con amore.

Dal San Bernardo Stendhal scese con la rapidità che Napoleone chiedeva ai suoi giovanissimi soldati, in quel pezzo di Cielo caduto in Terra, l’Italia.

A Novara aveva ascoltato Il matrimonio segreto di Cimarosa: la sera ebbi una sensazione che non dimenticherò mai (…) negli intervalli del piacere mi dicevo: la mia vita è la musica. Vivere in Italia e intendere questa musica diventò la base di tutti i miei ragionamenti. Forse un preludio alla sindrome di Stendhal, il mancamento che ebbe uscendo da Santa Croce a Firenze. Sindrome oggi obbligatoria quando un’opera d’arte batte al nostro cuore.

Il 10 giugno arriva a Milano, lo commuovono l’ordine, la floridezza dei campi e la posizione della città, il fiore della mia vita. Nominato sottotenente del VI reggimento dei Dragoni, a novembre era a Bagnolo Mella, alloggiato alla cascina “Il quartiere”. Trovò un ambiente molto povero e ostile: i cittadini, “bruti a figura umana”, eccitati dai preti, costringevano i francesi ad uscire almeno in due alla volta dalla cascina per non essere bersagliati di sassi. Lì conobbe i “buli”, eredi dei bravi di cui scrive Manzoni. La nostra buona fama è ricordata anche in La certosa di Parma, dove il conte ha una scorta di Bressà.

Raggiunge il suo reggimento a Castiglione delle Stiviere dove è nominato aiutante di campo, poi lo troviamo a Coccaglio, “borgo che si trova in un anfiteatro coperto di vigne”, e a Brescia, capoluogo del dipartimento del Mella. Qui risiede dagli Avogadro in un palazzo al n 84 in via Moretto dove vede quadri di grandi artisti: van Dick, Rubens, Velasquez, Veronese, Tiepolo e altri, l’unico che non gli piace è Moretto.

Parla di Brescia, una città di 28-30.000 anime, 300 conventi adatti a stimolare il suo anticlericalismo, 60-80 omicidi all’anno, il doppio di Parigi, forse – ironizza – per diminuire la popolazione. Il 24 febbraio del 1802 è a Montichiari, Castiglione, torna a Brescia il 26 giugno e qui inizia il suo periodo più felice.

La città, gli piace “infinitamente” con i suoi monti intorno, una delle più belle che ha visto; ne apprezza particolarmente i portici, rari nelle città francesi, la scopre giacobina e diventa amico di uomini nobili e colti, delle famiglie dei Martinengo e dei Gambara. Gli è intimo il patriota Camillo Ugoni cui donò il suo La storia della pittura in Italia, mentre non apprezzava Cesare Arici.

Innamorato del teatro tanto da scrivere La vita di Rossini (1823) e provare a scrivere commedie, apprezzava certamente che già nel 1789 la giovane Repubblica bresciana e la Municipalità avevano dedicato il teatro “alla pace e alla gloria di Napoleone”, quindi chiamato Il Grande, un’opera nata nel 1639, poi continuamente allargata e migliorata fino alla forma attuale, da Luigi Canonica, l’architetto della Repubblica Cisalpina. Intorno al Grande tra balletti, melodrammi, ariette, ruotavano i due carnevali cittadini, il primo da dicembre a febbraio, il secondo da agosto a settembre.

Sul nostro teatro, Stendhal scrive a un amico francese: Se si vuol fare una sala più grande, copiate il magnifico teatro di Brescia, nulla è più grazioso.

Il Grande è anche il luogo dei pettegolezzi. La rivoluzione e Napoleone avevano cambiato i costumi: cancellato l’ambiguo “cavalier servente” del Settecento, l’Ottocento si apriva ad una sessualità aperta e tollerata. E Brescia è la città delle belle donne (…) Il paese dei begli occhi. Tassonomia difficile: la più bella è madame Paola Calini che abita a Porta Milano in Casa Calini alla Pace; molto bella è la signora Martinengo; attenzione anche a Francesca (Fanny) Lechi in Gherardi, gli occhi più belli, la prima donna a Brescia a indossare abiti di foggia repubblicana, detta anche l’Amazzone: L’atto di follia per cui si vede ogni sorte di perfezione nell’oggetto amato si chiama “cristallizzazione” nel salotto della signora Gherardi. E che dire di Marzia Martinengo Cesaresco che sedurrà Foscolo.

Questo bel Paese dove non c’è da fare altro che l’amore (…) qui l’amore è delizioso, altrove non è che la copia, commenterà più tardi, ammettendo che civettare con le donne italiane è la mia più grande felicità, ma all’epoca era troppo giovane e timido per avventure importanti.

La guarnigione francese, senza nobili pretese, s’infilava nei bordelli, luoghi di solito rallegrati da giochi e fiaschi di vino. Quello del vicolo Tre archi, prolungamento verso nord del vicolo Due torri, sembra fosse il prediletto di Stendhal.

Nella propria autobiografia, Vita di Henry Brulard, scritta nel 1837, svela il fondamento del suo carattere: Ciò che vi è di strano e di molto triste è che le mie “vittorie” mi hanno dato un piacere che non equivale nemmeno la metà delle profonde afflizioni causatemi dalle mie sconfitte.

Dal teatro Grande inevitabile raggiungere il Cantinone, l’odierno Gambero, ritrovo degli intellettuali aperti culturalmente al mondo nuovo.

Nel 1801 per motivi di servizio, lo troviamo sul Garda, di cui scrive nelle Memoires d’un turiste:

In vita mia non ho mai goduto così bene come della bellezza toccante e solitaria delle sponde del lago di Garda (…) le sponde di questo lago con i loro contrasti di belle foreste e delle acque tranquille, formano, forse, il più bel paesaggio del mondo. A nord, verso Riva, il lago si restringe e si fonde nel centro di alte montagne le cui cime restano innevate per tutto l’anno mentre, di fronte al grazioso villaggio di Salò, esse formano uno specchio d’acqua ammirevole (…) le rive del lago e le colline che lo circondano sono coperte da magnifici oliveti che, da queste parti, sono grandi alberi, e di castagni lungo tutte le sponde esposte a mezzogiorno e riparate dal vento del nord da qualche collina che declina verso il lago a forma di precipizio. Si distingue il fogliame color scuro dei begli aranceti che qui crescono in piena terra; il loro colore forma un meraviglioso contrasto con quello delle montagne che affacciano sul lago che qui è aereo e leggero. A sud le colline boscose e fertili che separano il grosso borgo di Desenzano dalla piccola città di Lonato, sono forse le più gradevoli e particolari di tutta la Lombardia. Dall’alto delle colline di Desenzano in direzione di Brescia, si distingue la penisola di Sirmione, immortalata dai versi di Catullo.

Di Desenzano, loda la semplicità e la vivacità del poeta Angelo Anelli, autore dell’Italiana in Algeri, musicata da Rossini, che conobbe e ch’era per lui: L’uomo più sensibile alla musica. A Goethe, altro appassionato del Garda (veneto, non bresciano), Stendhal affibbia il titolo di insulso.

Il 18 settembre 1803 Stendhal è richiamato dall’esercito a Bra, ultima sosta è Montichiari. Poi si licenzia dall’esercito, ma torna continuamente in Italia e sulla sua tomba a Montmartre è scritto: Arrigo Beyle, milanese, visse, scrisse, amò.

A quest’uomo, né Brescia né i paesi citati hanno dedicato nemmeno “un vicolo oscuro”, scrive Dino Alberti, autore di Brescia nell’opera di Stendhal, ed. Arzaghetto, Tipo Pennati, Montichiari.

L’AUTORE

Mario Baldoli, laureato in filosofia, insegnante in un liceo, giornalista, direttore responsabile di “Tuttogarda” (2004-2005), periodico della Comunità del Garda. Dal 2009 è direttore della rivista online www.gruppo2009.it, e redattore della rivista “Atlante bresciano”. Due suoi saggi sono alla Library of Congress, Washington.

ARTICOLO A CURA DEL GRUPPO G9

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