Il vino è in recessione? | 🍷🥂 BARBERA & CHAMPAGNE/39

C’è preoccupazione nel mondo del vino perché il 2023 si presume possa essere quello della grande recessione...

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Vino, foto generica da Pixabay

di Stefano Bergomi* ([email protected]) – C’è preoccupazione nel mondo del vino perché il 2023 si presume possa essere quello della grande recessione.

In realtà, a dare retta ai numeri, la frenata rispetto alla corsa degli anni scorsi sembra già rilevabile per il 2022. Interessanti i numeri, a tale proposito, diffusi nei giorni scorsi dall’Osservatorio Uiv/Vinitaly, che certifica un incremento di costi aggiuntivi di 1,5 miliardi di euro già registrato dalle imprese italiane della filiera vino, in gran parte riconducibili all’aumento dell’energia e delle materie prime secche (tappi, vetro, carta).

La previsione di chiusura a fine anno è di arrivare a un MOL (Margine Operativo Lordo, è un indicatore di redditività della gestione operativa aziendale, al netto della gestione finanziaria) del 10%, in flessione rispetto al 25% del 2021 e al 17% del 2020, pesantemente condizionato dalle chiusure per covid. Le previsioni degli analisti virano però verso tinte ancora più fosche per il 2023, con una previsione di MOL in caduta fino al 4%.

Male anche le stime di proiezione dei fatturati, con -16% per il 2023.

Oltre alle previsioni per il nuovo anno è necessario analizzare anche le dinamiche in atto per l’anno in corso.

Per la chiusura di fine anno si prevede un decremento delle vendite in volume del 1%, a 41,4 mln di ettolitri, per un valore in aumento del 6%, a 14,4 mld€, soprattutto grazie a horeca e vendita diretta. Nell’analisi di dettaglio va meglio l’estero, con una dinamica del valore di +10% rispetto al solo +1% del mercato italiano, ma con rapporto invertito nei volumi, stabile in Italia e in contrazione all’estero, con arretramento soprattutto in USA, Germania, Cina e, per cause di forza maggiore, Russia.

In molti casi l’aumento dei listini dei prezzi del vino, attualmente si sfiora il 7%, non coprirà gli incrementi delle spese per la produzione. I produttori rivendicavano un +12% in linea con il tasso inflazionistico rilevato da ISTAT.

Il dito dell’accusa appare puntato verso l’eccesso di produzione, che crea quantitativi di prodotto tali da essere difficilmente smaltibili anche nella parte “povera” della catena di vendita, nella GDO (grande distribuzione organizzata) e attraverso il vino sfuso. L’analisi condotta evidenzia “eccedenze sia nei vini comuni che per DOP (denominazione di origine protetta) e IGP (indicazione geografica protetta). In particolare, su un totale di 458 DOP-IGP solo 90 presentano un tasso di imbottigliamento sul rivendicato sopra l’80%, mentre sono ben 270 (il 60% del totale) le denominazioni sotto il 60% di imbottigliato.”

E il vino bresciano?

Per la Franciacorta il primo semestre 2022 si era chiuso con numeri confortanti e soddisfacenti, +14,3% in volume e +14,47% a valore rispetto ad un anno prima, e quota export ritoccata al 20,7%. In attesa di consuntivare il secondo semestre, periodo clou per la vendita di vini con le bollicine per il mercato Italia, non mancano tra gli addetti ai lavori le prime inarcate di sopracciglio rispetto alla congiuntura economica globale, in grado di penalizzare la possibilità di acquisto di vini della fascia premium. Da sottolineare che la performance del franciacorta risultava in linea con i dati registrati da Iwrs – International wine & spirit research – rilevati a livello internazionale, con le bollicine di fascia alta in grado di far registrare vendite a +8% rispetto al +1% dei vini fermi, incremento conseguente però all’aumento dei prezzi di vendita e all’euforia per acquisto nel periodo post-pandemico.

Prima ancora della crisi economica la preoccupazione dei produttori franciacortini era rivolta al cielo, a scrutare il tempo meteorologico. L’afosa e siccitosa estate di quest’anno ha nuovamente cancellato le speranze di avere una produzione ricca, in grado di rimpinguare le scorte nelle cantine, già in difficoltà dopo la gelata del 2017 e la poco generosa 2019.

Anche nelle terre di Lugana le soddisfazioni non mancano, con una prima parte dell’anno 2022 in scia alla forte ripresa dei consumi registrata nel 2021. Da ricordare che il Consorzio di tutela aveva provveduto ad un congelamento del 50% delle riserve della vendemmia 2020, salvo poi concedere lo sblocco ad agosto 2021, dopo aver registrato confortanti e costanti risultati nelle vendite. Il lugana è infatti stato definito il vino “emergente” del 2021, vale a dire quello che ha fatto registrare nel corso dell’anno il maggior grado di incremento delle vendite in volume (+34%). Da sottolineare come la performance sia stata ottenuta battendo anche nuove strade nella commercializzazione, quindi anche l’Italia e non solo i consueti mercati esteri (da tradizione l’export è oltre il 70%), ma anche la vendita al supermercato e non solo nel canale horeca.

Solidi risultati anche in Valtenesi, in luce soprattutto grazie al chiaretto. I quantitativi prodotti risultano in crescita tendenziale da anni, avendo fatto registrare in media un +10% annuo negli ultimi 8 anni, per un totale di oltre 2 milioni di bottiglie con la vendemmia 2021. L’incremento del vino rosato è andato spesso a scapito del rosso, mentre dal punto di vista commerciale è sempre forte l’appeal internazionale. Nelle parole di commiato del presidente del Consorzio Alessandro Luzzago, che dopo tre mandati non si ricandiderà, il ricordo dei principi cardine intorno ai quali ha agito il suo operato, con la valorizzazione di identità territoriale e tradizione, oltre alle importanti collaborazioni intraprese, Rosè Connection con i cugini provenzali e l’istituzione di RosAutoctono insieme ad altri cinque Consorzi di vino rosa italiani.

In conclusione, possiamo affermare che il barometro volge al brutto per il vino italiano. I dati già rilevati e le previsioni per il prossimo anno non lasciano sperare in condizioni di mercato favorevoli. Ma come abbiamo visto per le previsioni del PIL nazionale quanto poi effettivamente registrato in questi ultimi mesi, seppur di crisi, è stato un dato migliore rispetto a quanto preventivato dagli analisti. Il comparto vinicolo bresciano è chiamato a fare la sua parte, cercando di valorizzare i propri punti di forza, individuabili in particolare nella qualità dei prodotti e nell’elevato grado di export.

Se la crisi si combatte anche con le idee, in molte aziende del nostro territorio non mancano proposte per il prossimo periodo natalizio, da pacchi regalo, ad accoglienza ed eventi in cantina.

Tutte da scoprire.

* Sommelier per passione

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